Leone XIV. Don Peyron: “Sull’intelligenza artificiale desidera lavorare insieme a tutti noi”

Prevost “è un uomo con una grande spiritualità ed una preparazione alla spalle di tutto rispetto” ma fin da subito ha anche dimostrato di essere “così tanto capace di leggere i segni dei tempi e desideri esserci immerso. Azione e contemplazione, una sintesi molto bella”, nota il sacerdote torinese, fondatore e coordinatore del Servizio per l’apostolato digitale. “Siamo carenti di scienza e di una cultura capaci di governare quanto accade. Anche di teologia e filosofia appropriate”, osserva: “Abbiamo bisogno di densità più che di velocità”

Sono già numerosi gli spunti offerti da Leone XIV nei primi discorsi pronunciati nei primi quattro giorni di Pontificato: pace, sinodalità, evoluzione tecnologica, giovani… Nella scelta del nome, Papa Prevost ha spiegato lui stesso che vuole mettersi nel solco del Pontefice della Rerum Novarum “per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale”. Poi, incontrando i rappresentanti dei media convenuti a Roma per il Conclave, è tornato di nuovo sul tema dell’intelligenza artificiale parlando del “suo potenziale immenso” e della necessità di “responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità”. Ne parliamo con don Luca Peyron, sacerdote dell’arcidiocesi di Torino con alle spalle un’esperienza accademica e professionale nell’ambito del diritto industriale, direttore della Pastorale universitaria diocesana e regionale nonché fondatore e coordinatore del Servizio per l’apostolato digitale che è uno dei primi servizi a livello globale della Chiesa cattolica con il compito di riflettere, progettare e agire rispetto alla cultura digitale in una prospettiva di fede.

Don Peyron, quelle di Papa Leone immagino siano parole che le abbiano fatto più che piacere e che ora chiedono un rinnovato impegno…
Mi hanno toccato due aspetti. Il primo che abbia voluto spiegare la scelta innanzitutto al collegio dei cardinali, coloro che per primi condividono con lui la grande responsabilità di governare la Chiesa e guidare il popolo di Dio. Segno che su questo tema desidera lavorare insieme a tutti noi. Una sinodalità reale.

Il secondo aspetto che mi ha toccato è che

un uomo con una grande spiritualità ed una preparazione alla spalle di tutto rispetto sia anche così tanto capace di leggere i segni dei tempi e desideri esserci immerso. Azione e contemplazione, una sintesi molto bella. Ed un invito per chiunque.

Su cui, almeno in queste prime ore del suo Pontificato, continua a tornare, così come sul tema della pace. Siamo, per dirla ancora con Francesco, in un cambiamento d’epoca in cui ci giochiamo moltissimo.

Sempre rivolgendosi ai cardinali, due giorni dopo l’elezione, il Papa ha evidenziato l’esigenza della “creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria”. Con che animo ha accolto queste parole? Non siamo all’anno zero in questo ambito, in che cosa serve accelerare?

Non credo sia necessario accelerare, piuttosto il contrario, rallentare, non nei processi tecnologici, ma nel tempo che ci diamo per rifletterci sopra.

La tecnica va oggi molto veloce, ma la scienza non è al passo, non precede per forza di cose la tecnica.Siamo carenti di scienza e di una cultura capaci di governare quanto accade. Anche di teologia e filosofia appropriate. Abbiamo bisogno di densità più che di velocità.

Tale densità si può raggiungere se le migliori forze che abbiamo si applicano e si mettono insieme. Penso ad esempio al progetto “La Chiesa ti ascolta” nato dal Sinodo, una presenza nel continente digitale di tanti missionari e missionarie digitali che abitano la rete con amore e con spirito di servizio. Le parole di Leone ci aiutano a sentirci ancora di più con la Chiesa e nella Chiesa. Le parole forti e miti di Papa Prevost creeranno ancora di più queste condizioni. Questo mi rende felice perché non siamo oggi in molti nella Chiesa ad occuparci di questi temi, saremo di più e saranno i migliori. Certamente migliori di me e questo mi consola tanto.

Nel suo primo Regina Caeli, Leone XIV ha invitato i giovani ha esortato i giovani: “Non abbiate paura! Accettate l’invito della Chiesa e di Cristo Signore!”. Da cappellano universitario Lei ha a che fare con molti giovani. Cosa chiedono alla Chiesa? In che modo possono essere più coinvolti?
Papa Leone ha invitato i giovani a non avere paura di accogliere la vocazione che il Signore propone loro, a non tacitare il desiderio più grande che hanno nel cuore e forse neppure sanno di avere. Per quel che capisco

i giovani chiedono ai cristiani adulti di essere loro compagni di strada in questa ricerca e, soprattutto, di essere credibili testimoni che un sì detto a Dio riempie il cuore di gioia e non ti consegna ad una vita depressa e fatta di rivendicazioni.

Papa Francesco diceva Evagelii Gaudium, possiamo parafrasare con gaudium vocationis. A cui dare spazio concreto nella vita della Chiesa.

Lei è in queste settimane in libreria con il suo ultimo volume “Sconfinato”, per i tipi di Edizioni Sanpaolo. A cosa allude il titolo e come si colloca in questo tempo della Chiesa?
Sconfinato è il racconto di tante notti trascorse a contemplare il cielo stellato con l’uso di un telescopio in accoglienza di una bellezza nascosta che ci può aiutare a smettere di nasconderci, a scoprire il bello che ci abita. Il cielo sconfina e se solo ce ne rendessimo conto di più la terra sarebbe un posto diverso, il nostro cuore e la nostra vita sarebbero diversi. A partire dallo stesso Gesù, lo sconfinato per eccellenza: incarnato, esule, ucciso fuori delle mura, risorto e che si aspetta sull’altra riva. Nella mia piccola esperienza pastorale sempre di più sento l’esigenza di mostrare la pertinenza della fede con la vita, della scienza con il credere, della Scrittura con il tempo che viviamo.

Passando per l’astronomia che è una scienza che meravigliosamente ci mostra che le notti non sono buie e restituendo così speranza al nostro andare. Passando per l’intelligenza artificiale che è una grande provocazione alla nostra vocazione umana.

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