Chi usa gli «Emoji» lo fa perchè si ritiene brillante e creativo

Da quando ha spopolato WhatsApp gli emoji fanno certamente parte del nostro quotidiano e lo studio Future of Creativity: Emoji Trend Report 2022, rivela informazioni interessanti sul loro utilizzo.

Riporta infatti che il 73% degli intervistati è convinto che chi inserisce degli emoji nei messaggi trasmetta un’immagine di sé più brillante, cordiale e divertente. Inoltre, dalla ricerca emerge che la maggioranza (91%) del campione usa gli emoji per dare un tocco di leggerezza alle conversazioni, e oltre la metà (58%) ritiene che gli emoji abbiano addirittura la capacità di potenziare la salute mentale generale. E gli emoji sul lavoro? Il 68% degli intervistati non solo ha affermato di apprezzare quando i colleghi usano gli emoji, ma ha dichiarato anche che questa abitudine ha un impatto positivo sulla capacità di piacere (72%) e sulla credibilità (59%).

C’è stato un tempo in cui erano considerati non professionali, ma oggi non è certamente più così. Ma se da un lato spesso facilitano la comunicazione, il fraintendimento è sempre dietro l’angolo, specie dal momento che il 50% degli utenti li usa in modo diverso dal loro significato originario. È anche per questo che gli emoji sono così entusiasmanti: con il cambiare dei tempi e della cultura, muta inevitabilmente anche la lingua, emoji compresi. Gli esseri umani sono programmati per desiderare connessione, appartenenza e comunità: vogliamo capire gli altri ed essere capiti. Quando si trascorre tantissimo tempo dietro a uno schermo, vengono a mancare elementi caratterizzanti personali quali il tono, la mimica facciale e il linguaggio del corpo, e questo desiderio diviene ancora più profondo. Gli emoji possono contribuire a risolvere questo problema, rappresentando sullo schermo quanto non è possibile scrivere a parole.

Poiché la maggioranza degli utilizzatori di emoji (88%) riferisce di sentirsi tendenzialmente più empatico nei confronti di chi a sua volta li utilizza, c’è la possibilità di trascendere i limiti della lingua, nella speranza di orientarci verso un futuro più compassionevole.

Jasmine MILONE

 

 

 

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