Data, Compute, Labour

Sebbene la letteratura sia piena di esempi di come l’intelligenza artificiale possa influire sulla nostra economia, il seguente studio si concentra sulle modifiche apportate dall’AI sul mondo del lavoro e su come questa possa aumentare le possibilità di accentramento del capitale nelle mani di poche grandi imprese.

Alcuni studiosi si sono concentrati sulle relazioni tra intelligenza artificiale ed il monopolio, constatando l’importanza dei dati nei processi di apprendimento automatico. Un gruppo di ricercatori è scettico rispetto alla possibilità di sfruttare i dati per guadagnare in quei mercati che ammettono un solo vincitore. Essi sostengono che molti dati non incrementino il valore economico, infatti la differenza nel valore di un modello preciso al 95% o al 94% è marginale. Un altro gruppo, invece, è più preoccupato e condivide l’idea che una posizione di vantaggio iniziale, che permetta lo sfruttamento dell’intelligenza artificiale, porti ad una crescita esponenziale nel tempo, con un conseguente dominio del mercato. Come sottolinea il New York Times: “Più dati si hanno a disposizione, meglio si produce; meglio si produce, più dati si ricavano; più dati si ricavano, più talenti si attraggono; più talenti si attraggono, meglio si produce.”
Sulla base di analisi come queste, i policy makers rimarcano l’importanza dei dati come chiave per essere competitivi in un’economia capitalista.  Ne è la prova la recente relazione della Commissione Europea, che focalizzandosi sulla condivisione dei dati, al fine di favorire la continuità delle imprese nel libero mercato, suggerisce che “dove imposto da specifiche circostanze, l’accesso ai dati dovrebbe essere obbligatorio, dove condotto secondo correttezza, trasparenza, ragionevolezza, proporzionalità ed in modo non discriminatorio.”.
In molti casi, però, le capacità computazionali sono tanto importanti quanto lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, infatti, i modelli di apprendimento richiedono risorse significative per la loro elaborazione, risorse di proprietà delle più importanti compagnie hi-tech. Essere in possesso di queste potenzialità porta ad innumerevoli vantaggi, infatti le performance risultano più veloci e si adattano meglio ai cambiamenti che avvengono nel mercato, permettendo gli aggiornamenti necessari ad essere competitivi. Inoltre, permettono maggiori possibilità di ricerca e quindi un più facile reperimento di informazioni e idee di innovazione.
Alcuni investitori fanno notare che avere un sistema informatico di grandi dimensioni permette la creazione di una sottospecie di curva temporale, perché per le imprese è possibile svolgere attività che non risultano economiche al momento e per cui dovrebbero attendere circa dieci anni, con il risultato di guadagnare più terreno dei propri rivali. D’altro canto, queste risorse richiedono lavoratori competenti che ne possano fare un uso efficiente e ad oggi questa categoria richiede salari elevati, che possono garantire solo le grandi imprese.
Concludendo, l’intelligenza artificiale può favorire una posizione di monopolio in quanto, al giorno d’oggi, non basta solo un grande capitale iniziale ma anche la possibilità di generare un circolo virtuoso che permetta di rimanere nel mercato, favorito dalle capacità informatiche. Inoltre, lo sfruttamento dell’open source fornisce uno strumento strategico le grandi compagnie tecnologiche che, appoggiandosi ad una manodopera estremamente preparata e competente, possono servirsi dei software gratuiti per costruire i propri imperi.
Considerando però l’importanza degli strumenti hardware, la mera accessibilità ai dati non è sufficiente al potenziamento delle piccole imprese, anzi porterebbe i giganti del settore ad avere ancora più informazioni e più possibilità di crescita e risulterebbe, quindi, una decisione controproducente.

Dr Nick Srnicek (Estratto)

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