I dati sulla pandemia ‘liberi’ per il bene comune

Le difficoltà di gestione della pandemia Covid-19 hanno fatto emergere il problema organizzativo della nostra Sanità, che ha bisogno di un cambio di paradigma in chiave di trasformazione digitale. Occorre mettere mano ad un Piano Nazionale di e-health, con la tecnologia importante “building block” del Servizio Sanitario Nazionale, a supporto e NON in sostituzione degli “umani”. Essa dovrebbe essere inserita con piena dignità nei sistemi sanitari in accordo alle 3T (tracciamento, test e terapia), cui ne andrebbe aggiunta una quarta (trust), la fiducia nelle Istituzioni, fondamentale per la condivisione e il rispetto delle misure adottate dalle Autorità da parte della popolazione.

In questo contesto, il dato riveste una fondamentale importanza. Onde poter permettere a medici, Autorità e stakeholder vari di diagnosticare le patologie e prendere decisioni consapevoli e razionali su terapie e provvedimenti sanitari (ad es. allocazione dei territori all’una o l’altra area di rischio), occorre poter disporre di dati aggiornati ed affidabili. Salute e dati devono rappresentare un binomio inscindibile, per una medicina “personalizzata” adattata continuamente al cambiare delle condizioni – con il supporto dell’intelligenza artificiale (AI).

Purtroppo, la gestione e divulgazione dei dati relativi alla pandemia ha lasciato non poco a desiderare. Sarebbe auspicabile una visione statistica “telescopica”, con dati a livello regionale generati dalla somma dei livelli provinciali, a loro volta desunti da dati comunali, identificando quelli relativi ai tamponi, occasioni di aggregazione (trasporti, scuole, ristoranti, ospedali, …), asintomatici, ecc. Da qui la petizione #datiBeneComune con la richiesta al Governo di dati (più) trasparenti sull’emergenza Covid-19. Senza dover richiedere accessi agli atti in ottemperanza al Freedom of Information Act (FOIA) ai vari attori coinvolti, sarebbe importante poter disporre di dati di qualità, aperti e facilmente accessibili per poter comprendere e commentare algoritmi e indicatori sui dati regionali, rendendone più trasparenti i processi decisionali ed evitando spiacevoli contrapposizioni istituzionali e tensioni sociali. Bisogna purtroppo rilevare che nel mondo oltre 30 Paesi pubblicano dati meglio di noi ad es. Amsterdam e Helsinki hanno già online un registro pubblico degli algoritmi AI della P.A. 

I dati giornalieri sui contagi, decessi, ecc. hanno peraltro poco significato rispetto ai trend, che andrebbero meglio “rac-contati” alla popolazione. Tra l’altro, il parametro RT si basa sui dati di un mese prima, e le decisioni sul contrasto alla pandemia vengono prese su dati rilevati due-quattro settimane prima.

Infine, la campagna di vaccinazione di massa anti Covid-19 richiede un complesso piano di mappatura, tracciamento, monitoraggio e gestione dei vaccinandi, vaccinati, richiami, logistica, allocazione del personale, ecc., con necessità di un’efficace piattaforma tecnologica AI “data-driven” di supporto alle decisioni. Che non deve però diventare strumento di scarico di responsabilità (o peggio di supremazia assoluta dell’”algoritmo” di intelligenza artificiale) rispetto alle necessarie cautele di confidenzialità e tutela della dignità / dati sensibili delle persone. E’ importante che l’ultima parola su temi etici rilevanti sia di umani, NON di algoritmi. Papa Francesco ha sottolineato la necessità di un approccio etico agli algoritmi: «Tocca agli ingegneri informatici impegnarsi in uno sviluppo etico degli algoritmi, farsi promotori di un nuovo campo dell’etica per il nostro tempo: la “algor-etica”». 

Attenzione quindi ai problemi etici (ethics by design), di responsabilità sociali e controllo del “potere” degli algoritmi. Non a caso si parla ormai di (algorithm) explicability = explainable + accountable intelligence o eXplainable Artificial Intelligence (XAI).

 

Fulvio ANANASSO, Presidente di Stati Generali dell’Innovazione e Consigliere CDTI

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