Se il database di Clearview AI mette a rischio la privacy…

Più di 20 miliardi di immagini e volti, sono queste le dimensioni del database di Clearview AI, azienda statunitense che è stata coinvolta in inchieste sull’abuso e l’appropriazione indebita di file per addestrare il proprio software di riconoscimento facciale. La grande mole di dati è stata accumulata tramite un processo di web scraping, letteralmente “raschiatura del web”, e proviene da diverse fonti, da social network, siti di broadcasting, blog e qualsiasi sito che possa contenere immagini.

Durante il mese di maggio l’azienda ha fatto parlare di sé a seguito di due condanne, una in Italia ed una nel Regno Unito, volte alla cancellazione dai database dell’azienda di un enorme quantitativo di dati relativi ai cittadini dei due stati, con una conseguente multa di quasi 30 milioni di euro. L’azienda, già nota per diversi articoli di denuncia pubblicati dal New York Times, è stata citata anche per l’utilizzo del software di riconoscimento facciale in collaborazione con le forze dell’ordine, azione illecita perpetrata negli ultimi anni in molteplici stati.

Il caso Clearview sembra però essere solo la punta dell’iceberg: se tramite un processo di web scraping è semplice entrare in possesso di enormi quantità di immagini e dati sensibili, non è altrettanto facile identificare e localizzare chi opera simili raccolte e non sempre è possibile risalire ad un’azienda. Alla minaccia sempre maggiore di appropriazione indebita dei dati e delle immagini personali si aggiunge una progressiva diffusione di software di manipolazione di immagini e creazione di deepfake, che potrebbe rendere ancora più complesso il rapporto tra i dati e il loro proprietario.

Risulta dunque sempre più importante avere una legislazione che regoli e protegga la privacy e i dati personali, come il GDPR europeo a cui ha fatto riferimento l’Italia contro Clearview IA. A questa è necessario aggiungere, da parte dell’utenza di internet, una presa di coscienza dei rischi di una diffusione incontrollata di dati ed immagini e lo sviluppo di una maggiore consapevolezza riguardo le concessioni che si rilasciano quotidianamente online.

 

Jasmine MILONE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *