Dire Dio ai giovani con una pastorale di ‘relazioni aumentate’

È il tempo dei Reel. Ovunque, da Instagram a Yotube, passando per Facebook e TikTok, questi brevi video verticali incantano e raccontano. A metà strada tra un’ipnosi collettiva e la legittima curiosità che spinge a consumare contenuti, gli utenti sono sempre più motivati a spingere il loro pollicione dal basso verso l’alto. Lo schermo dello smartphone diventa così metafora di una nuova dinamica trascendente: dal basso verso l’alto…ma “quale” alto? E, soprattutto, “quanto” alto?

Se il percorso interiore – e quindi le dinamiche spirituali – sono lontane dai nostri giovani (e non il contrario) è anche perché sugli schermi dei loro smartphone ci sono pochi contenuti che mirano verso l’Alto…che più in alto non si può. E la responsabilità di chi è? Di chi ha procrastinato, anzi forse mai avviato, un serio percorso di pastorale digitale.

Gli schermi della nostra vita – tutti, nessuno escluso – sono luoghi di primo annuncio, cioè vale per essi ciò che si è sempre sostenuto, ad esempio, per le Sale di comunità: «sono luoghi propedeutici al tempio». A differenza della prima evangelizzazione, le iniziative legate al primo annuncio non possono dare per scontata la fede, ma dovrebbero suscitarla. Oggi la Chiesa ha una grande opportunità: generare un primo annuncio attraverso i Personal Media, potendo così elaborare questo annuncio in modo personalizzato rispetto a chi andrà a intercettarlo.

Questa personalizzazione è essenziale dal punto di vista pastorale. Anche la Gmg di Lisbona ci ha confermato un aspetto antico, ma spesso poco considerato nella prassi pastorale: è sbagliato approcciarsi al mondo giovanile come se i giovani fossero tutti uniformati e come se fosse sufficiente consegnare a tutti loro lo stesso messaggio (o lo stesso sussidio) per generare il desiderio di incontrare il Signore. Del resto non lo facciamo con gli adulti (per i quali esiste addirittura una pastorale tarata sull’ambito professionale/lavorativo), perché mai, invece, ci ostiniamo a considerare le persone tra i 15 e i 35 anni come “i giovani” e basta? Oggi più che mai è necessario personalizzare il rapporto educativo alla luce dell’esperienza di vita che poi speriamo diventi esperienza di fede.

Tutta la comunità educante è chiamata ad assumersi una missione di responsabilità: la ricerca di un rapporto personale con ogni singolo giovane, rapporto che sia capace – come ha detto il Papa a Lisbona – di «far brillare sconfiggendo le tenebre che ci affliggono nella vita».

Anche durante gli appuntamenti della Giornata mondiale della gioventù è emerso chiaramente che la Pastorale giovanile è prima di tutto una pastorale delle relazioni… aggiungo…“relazioni aumentate”, che cioè tengano conto della vivacità digitale dei rapporti che ormai è nel Dna dei nostri giovani. Anche per questo è indispensabile che la pastorale sia sempre più una pastorale digitale, che intercetti ogni persona sul luogo che più frequenta: lo schermo del proprio smartphone.

Per questo i Reel (per esempio) possono e devono diventare luoghi di primo annuncio: perché sono a portata di giovane, sono contenuti che abitualmente vengono consumati e che, quindi, non possiamo ignorare. Perché ostinarsi a proporre format desueti se sappiamo, invece, che sono altri i format che funzionano?

Tutti i cristiani adulti nella fede hanno avuto la possibilità di incontrare Cristo attraverso una persona che ha dedicato loro del tempo. Oggi ci viene chiesto di spendere del tempo per proporre il messaggio della fede attraverso i Personal Media: questo passaggio è ineludibile, pena l’irrilevanza del nostro annuncio.

Perciò abbracciamo la strada della pastorale delle relazioni aumentate. Facciamolo prima di tutto all’interno delle nostre Curie, dove chi si occupa di Social e comunicazione digitale non deve essere visto come una Chiesa a parte, ma come parte della Chiesa.

Se non vogliamo cadere nell’irrilevanza dobbiamo aggiornare il nostro stile comunicativo, per permettere alle persone che vivono nel 2023, di incontrare il messaggio di Gesù e compiere il fatidico passo: dal basso verso l’Alto.

don Davide Imeneo, Direttore dell’Avvenire di Calabria

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