Al Politecnico c’è «Liqo» nuova tecnologia cloud per i dati

Da ormai alcuni anni tutta la popolazione studentesca si è abituata allo svolgimento di lezioni ed esami online. Per migliorare la propria offerta ed incontrare le necessità degli iscritti, il Politecnico di Torino ha avviato una sperimentazione che mira a offrire ad ogni studente un desktop remoto per svolgere gli esami con i programmi e le applicazioni richiesti dai singoli corsi. Tuttavia, l’elevato numero di utenti ha causato alcune difficoltà al cluster che ospita questi servizi. La soluzione classica al problema consiste nell’acquisto di nuovi server, che però rimarrebbero per la maggior parte di tempo inutilizzati e rappresenterebbero un grande spreco di risorse.

È stato quindi avviato il progetto Liqo – acronimo di Liquid Computing – messo a punto dal gruppo di ricerca NetGroup del Politecnico, con la finalità di rendere più elastica l’infrastruttura virtuale PoliTo e supportare molti più accessi simultanei alle piattaforme di Ateneo. Con Liqo, ogni organizzazione mantiene il pieno controllo delle proprie risorse di calcolo, ma al contempo può mettere a disposizione l’eventuale eccedenza ai partner, con un conseguente miglioramento ed efficientamento dell’utilizzo delle risorse. Dal punto di vista della sicurezza, ogni partner rimane indipendente e può decidere se e quante risorse condividere, e con chi, secondo un modello di connessione di simile a quella che avviene su Internet, senza alcun punto di controllo centralizzato. In questa prima installazione pilota, Liqo consente ai partner collegati di raddoppiare le loro risorse di cloud senza incorrere in costi aggiuntivi e con prestazioni di tutto rispetto.

“Liqo è una prima concretizzazione di alcuni degli obiettivi della strategia digitale europea proposti in Gaia-X – spiega il professor Fulvio Risso, docente del Dipartimento di Automatica e Informatica-DAUIN del Politecnico e membro di NetGroup – che mirano alla creazione di una infrastruttura di calcolo resiliente e sempre più indipendente dai grossi hyperscaler, principalmente extra-europei.”

R.V.

 

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