Se a inventare è l’Intelligenza Artificiale, a chi va il brevetto?

L’Intelligenza Artificiale sta emergendo come tecnologia dalle ampie applicazioni ed avrà un forte impatto sull’economia e sulla società moderna. In realtà per IA si intende un insieme di tecnologie che combinano dati, algoritmi e potenza computazionale, oggigiorno più disponibili rispetto al passato.

Ma quando si parla di progresso tecnologico, fondamentale importanza riveste la normativa della Proprietà Industriale. In particolare, lo strumento del brevetto per invenzione industriale ha come scopo proprio quello di riconoscere diritti a chi, con investimenti ed ingegno, è arrivato ad un miglioramento tecnologico, ed allo stesso tempo diffondere tale conoscenza permettendo al resto dell’umanità di “crescere”, sulla base di tali progressi raggiunti.

Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale ci troviamo in un certo senso di fronte ad una impasse normativa, in quanto in certi casi emergono contraddizioni con le attuali normative o problemi procedurali di verifica dei requisiti di brevettabilità, che mettono in dubbio la possibilità stessa di ottenere il riconoscimento di brevetti relativi all’IA.

Innanzitutto è importante chiarire come le invenzioni di ambito IA possano essere distinte in due categorie: le invenzioni che incorporano in esse delle tecnologie di IA, dove l’IA è parte dell’invenzione (incluso il caso in cui l’invenzione consista proprio in un nuovo tipo di IA), e le invenzioni che sono state ottenute grazie ad una IA (l’IA ha permesso di arrivare a quell’invenzione, affiancando o sostituendo l’inventore umano). Fanno parte della prima categoria invenzioni come: una fotocamera che ottimizza le immagini, un altoparlante smart che esegue comandi vocali, o un’automobile a guida autonoma. Per la seconda categoria, possiamo fare l’esempio di una sospensione per automobili disegnata in 3D da una IA: è evidente quindi come, in questa seconda tipologia, l’IA potrebbe anche non essere per nulla presente nell’invenzione stessa.

I problemi che emergono quando si tenta di brevettare una delle suddette invenzioni sono per esempio: l’impossibilità di designare come inventore una IA (le norme attuali infatti prevedono che solo le persone fisiche possano essere designate come tali); l’impossibilità di brevettare metodi matematici e software (il che impedisce chiaramente di poter brevettare nuovi algoritmi di IA); l’obbligo di descrivere l’invenzione in modo sufficiente per la sua riproducibilità (dunque ogni volta ci si trovasse di fronte ad una “black box” la domanda di brevetto verrebbe respinta); la difficoltà nel valutare l’attività inventiva sulle tecnologie di IA da parte di un esaminatore umano.

Tutte queste questioni necessitano di essere affrontate e risolte, e molte proposte di soluzione sono già state avanzate e sono attualmente al vaglio della comunità internazionale.

Si tratterà per forza di cose di rinnovare le normative oggi in vigore, o in alternativa di stabilire delle nuove linee guida che permettano di continuare ad applicare le leggi attuali senza (almeno per il momento) apportare modifiche.

Questo processo di “ammodernamento” delle procedure brevettuali deve realizzarsi necessariamente a livello globale, e possibilmente in modo condiviso, per evitare una futura frammentazione dei requisiti di brevettabilità tra un Paese e l’altro.

La World Intellectual Property Organization (WIPO) ha già iniziato un percorso in tal senso, cercando di mettere a fuoco i problemi da risolvere e sensibilizzando il mondo industriale e politico a livello internazionale, con l’obiettivo di raccogliere proposte di soluzione, individuare le migliori, e promuovere quindi una maggiore armonizzazione delle future normative dei vari Paesi.

Ne è in gioco il futuro del progresso tecnologico umano, in quanto la mancata possibilità di brevettare invenzioni di ambito IA sarebbe sicuramente un freno agli investimenti che le aziende vorranno destinare a ricerca e sviluppo in tali tecnologie.

Simone BRUSCHI POLIDORI, Ingegnere delle Telecomunicazioni, dipendente della Fondazione Ugo Bordoni e Patent examiner presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

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