TECNOLOGIA: Va accettata con speranza

Pubblichiamo parte della relazione tenuta da Giorgio Ceragioli al Seminario Internazionale

Ecumenico di Verbania-Intra nel luglio 1984 che aveva come tema: «I mega-trends della cultura

tecnologica e il futuro della fede cristiana».

 

Dobbiamo uscire dagli schemi usuali, dalle antitesi sclerotizzate, dalle soluzioni che sono familiari ai quotidiani giochi di potere, alle ambizioni senza scrupoli, alle oppressioni.

Le prospettive aperte all’uomo e al suo ruolo nell’universo sono nuove ed eccitanti anche se difficili. L’uomo non può rifiutarle se non vuole tradire la sua vocazione e il suo ruolo.

In effetti la nostra conoscenza è limitata, ma il nostro sforzo può allargarla.

In effetti non siamo capaci di amare molto, ma possiamo amare di più.

Cercheremo ogni possibilità per usare ogni strumento che ci sia utile; chiederemo alla tecnologia di permetterci di riempire ogni spazio con coscienza, amore, verità.

 

Noi sappiamo che con la tecnologia questo è possibile.

L’umanità deve sopravvivere nei prossimi anni. Noi dobbiamo assumere il peso di questa sfida se vogliamo evitare la rovina.

Dobbiamo adattare noi stessi a una enorme rivoluzione culturale, ideologica e spirituale se vogliamo usare la tecnologia, integrarla all’interno degli obiettivi dell’uomo e non esserne sopraffatti. Un’accettazione parziale, incerta, incompleta della realtà porta a difficoltà o a soluzioni inadeguate come ce lo dimostra l’esperienza quotidiana.

 

O noi accettiamo la tecnologia con speranza o noi avremo da essa solamente danni.

L’autocontrollo non si raggiunge facilmente.

Sappiamo che una parte delle 20.000 nuove molecole che vengono costruite ogni anno saranno pericolose. Questo è il rischio che dobbiamo correre, anche sapendo che ciascuno di noi può essere colpito da questo rischio; ma sapendo che se non lo corressimo ne correremo altri o chiederemmo il ritorno a non più di tre miliardi di persone; e sapendo che anche coloro che cercano la verità nell’ascetismo, o la fraternità nell’impegno, o curano malati infettivi, corrono analoghi rischi.

Noi dobbiamo cercare di diminuire questo rischio, dobbiamo combattere contro di esso.

La lotta contro il rischio tecnologico è il primo compito che dobbiamo intraprendere da subito in modo da dare all’uomo la possibilità di usare della tecnologia per il bene dell’uomo.

Questa lotta è uno degli impegni che può trovare radice nella fede cristiana e che può aprire la strada all’annuncio della Buona Novella.

Umanizzare la tecnologia è darle la capacità di soddisfare le esigenze umane, esigenze di ciascuno e di tutti gli uomini.

 

Tecnologie povere e lotta allo spreco

Il processo di umanizzazione della tecnologia passa attraverso il fornire all’uomo gli strumenti per la propria autogestione, per l’aumento della propria capacità decisionale, per la propria responsabilizzazione.

Tuttavia, se vorremo usare tecnologie utili (appropriate) per i prossimi anni dovremo certamente usare anche tecnologie povere, non consumistiche, e ciò per non dimenticare le fondamentali esigenze di centinaia di milioni di uomini, la maggioranza dell’umanità.

Ciò significa innanzitutto lotta contro ogni spreco: spreco di qualità umane, di materiali, di energie, di buona ricerca scientifica, solo per mancanza di buona volontà o per egoistica ricerca di potere, e sfruttamento: e questa lotta è coerente con il messaggio cristiano.

È una lotta anche contro i consumi pericolosi, inutili, non necessari.

È anche enfatizzare e approfondire i principi essenziali della non violenza e della democrazia.

Dovremo combattere contro le droghe pesanti e leggere, l’alcoolismo, il condizionamento da tabacco, vestiti troppo ricchi, gioielli che gridano vendetta al cospetto dei poveri, sontuosi banchetti che rubano il cibo agli affamati, automobili che bevono la benzina indispensabile per lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo: e tutto ciò è un comando cristiano.

Non dovremo crearci o sentire complessi di colpa ma dovremo responsabilizzarci per pianificare, programmare, compartecipare le risorse indispensabili al fine di lasciare ai poveri i mezzi necessari per la vita e per lo sviluppo; ma dovremo anche fare scelte che favoriscano i valori spirituali, che aiutano a livello individuale e sociale.

La prima cosa da fare è, evidentemente, dire «no» alla corsa per gli armamenti e alle  guerre puntando a forme di difesa popolare non violenta e alla progressiva riduzione delle armi.

Dire «no» perché tutto ciò è contro ogni esigenza dettata dall’amore.

Dire «no» perché tutto ciò non permette di canalizzare le risorse a disposizione verso la realizzazione delle speranze dell’umanità per l’oggi e per il domani.

Giorgio CERAGIOLI

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