Gli smart contract e i dilemmi etici

Come raccontavo nel precedente articolo, sviluppare un sito web per la donazione di cryptovalute mi ha posto una sfida non solo tecnica, ma anche etica. Lo studio degli aspetti morali dell’utilizzo della blockchain ha portato a galla alcune tematiche importanti, come il rapporto uomo-macchina e il ruolo della decentralizzazione rispetto alla più consueta centralizzazione.

Decentralizzazione significa che non esiste un ente unico (e centrale) che garantisce la correttezza -per esempio- delle transazioni di denaro, ma che il parere favorevole della maggioranza è il criterio di correttezza e di possibilità di una transazione.

È importante conoscere uno sviluppo tutt’altro che secondario della blockchain: gli smart contract. Uno smart contract altro non è che un contratto scritto su blockchain. Immaginiamo che un normale contratto di lavoro sia uno smart contract: man mano che il dipendente lavora, lo smart contract registra le ore lavorate e il primo del mese trasferisce la cifra pattuita nel portafoglio del dipendente. Ma se il dipendente non lavora le ore previste, probabilmente ci saranno delle conseguenze scritte nel contratto: lo smart contract le eseguirà con la stessa imparzialità. Uno smart contract di affitto tiene attiva una tessera magnetica per entrare nell’appartamento: se alla data pattuita l’inquilino non versa l’affitto, la tessera è immediatamente disattivata e l’inquilino, di fatto, sfrattato.

Credo da questi esempi si possa intravedere la prima questione etica: il rapporto tra uomo e macchina. Fin dalla prima rivoluzione industriale il genere umano ha scoperto il rischio di diventare dipendenti delle proprie creature. Lo smart contract corre un grosso rischio, ovvero quello di rendere l’uomo schiavo del suo stesso prodotto, prigioniero del codice che egli stesso ha scritto.

Il rapporto tra l’uomo e la tecnologia certamente non è un tema nuovo, ma in questo caso assume una nuova sfumatura: l’immutabilità degli smart contract li rende un padrone difficile da spodestare, se non è stato previsto fin dal principio. Riprendendo l’esempio del contratto d’affitto: se fin dal principio si è concordata la possibilità di una proroga di cinque giorni per il pagamento dell’affitto, questa sarà sempre possibile. Ma se, per un errore umano o addirittura in modo intenzionale, non si prevedono né la proroga né la possibilità di porre modifiche al contratto, questo non sarà mai modificabile e continuerà a verificare l’avvenuto bonifico. Tutto questo non lascia spazio a possibili errori umani e nemmeno a quell’ampio spettro di interpretazione delle regole che -almeno per ora- ci distingue dalle macchine.

L’altro aspetto etico riguarda la caratteristica fondamentale della blockchain: la decentralizzazione. Mentre sviluppavo il mio progetto mi sono posto una questione tanto banale quanto -a mio parere- fondamentale: devo permettere a chiunque di registrarsi come associazione e, quindi, di chiedere donazioni per le proprie cause? L’alternativa, infatti, è quella di far passare tutte le registrazioni delle associazioni attraverso gli amministratori della piattaforma, tradendo il concetto di decentralizzazione.

Decentralizzare la registrazione come associazioni permette a chiunque, d’altro canto, di registrarsi per sempre come associazione no-profit e chiedere così delle donazioni. Sicuramente si sarebbero potuti porre molti controlli di vario genere sulle registrazioni, per verificare chi sia realmente un’associazione e chi no, ma ragionando sul problema a livello di principio, questi controlli perdono il loro valore.

Per quel che mi riguarda, ho centralizzato l’aggiunta di nuove associazioni solo per gli amministratori della piattaforma. Ho sicuramente tradito uno dei principi cardine della blockchain, ma l’ho ritenuto lo sviluppo più sicuro.

Decentralizzare significa fare affidamento sull’opinione dei più. Questo già oggi comporta una discriminazione: in molte blockchain è presente un muro di ingresso per partecipare dato dai sostanziosi fondi necessari per poter partecipare attivamente alla blockchain. Decentralizzazione non è in questo caso sinonimo di pari opportunità.

Rimane però la questione: le macchine sono pronte alla decentralizzazione… e noi?

 

Giovanni ZAGO, insegnante di religione
(2.fine)

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