L’Europa dell’Intelligenza artificiale, un gran bell’inizio

L’Unione Europea prova a dare alla tecnologia il posto che merita: a servizio. Perché l’AI non è Satana ma senza una direzione umana è un potere che fa e farà male. È il primo atto di una sfida che avrà eroi e morti, detrattori e nostalgici e a cui tutti siamo chiamati. Il punto chiave? Che una tale norma esista.

Il Parlamento europeo ha approvato la “posizione negoziale sulla legge sull’Intelligenza Artificiale” con 499 voti a favore, 28 contrari e 93 astensioni. Di qui partono ora i negoziati con il Consiglio e i colloqui con i singoli governi dell’Unione Europea per la stesura di un testo definitivo. Con questo atto politico così importante l’Europa si posiziona chiaramente nel mondo e nel panorama mondiale come un attore politico e culturale dai contorni e dalla volontà ben precisi. Le questioni economiche sottese all’intelligenza artificiale sono enormi e su queste pagine in diversi ne hanno trattato. Non mi soffermerò su questi temi, sebbene siano cruciali, e neppure desidero entrare nel dettaglio della norma approvata. Il punto che ritengo decisivo è il semplice fatto che tale norma esista e tale norma debba essere ritenuta il pensiero europeo su un tema così decisivo. Essa non contiene tutto quanto potremmo auspicare, ed è facile prevedere che i passaggi successivi e le successive interlocuzioni modificheranno alcuni elementi e forse qualche assetto.

Ma resterà un punto, il punto centrale. L’intelligenza artificiale non è un oggetto tecnico neutro. La tecnologia non è più solamente uno strumento la cui bontà o malevolezza dipende dall’uso che se ne fa e dalla volontà di un operatore. La macchina, che non pensa più di tanto, ma molto agisce accanto all’essere umano condizionandone il pensiero, ad esempio nel come e nel se farsi domande, ha bisogno di essere custodita ed educata nei suoi poteri.

Il modello della Ue

L’Europa, a differenza di altri sistemi di pensiero e potenze economiche mondiali, resta fedele ad una sua tradizione democratica e culturale: il vivere sociale è ordinato e soprattutto indirizzato attraverso delle regole condivise in modo democratico. Ben sappiamo che lo sviluppo giuridico ha tempi molto lenti rispetti allo sviluppo tecnologico e che frenare quest’ultimo a motivo della spesso poca efficienza del primo rappresenta una scelta ed un rischio economico. Ma nello stesso va considerato che la posta in gioco non sono solamente i dividendi, ma alcune dimensioni antropologiche fondamentali e gli assetti sociali su cui si fonda il mondo così come lo conosciamo.

L’intelligenza artificiale riporta al centro del dibattito culturale, politico ed economico il futuro umano. Il covid ha accelerato questo processo, ma è la tecnologia e soprattutto l’intelligenza artificiale a renderlo necessario ed ineludibile. Se gli orrori della guerra e dei campi di concentramento hanno in qualche modo sospeso il pensarci nel timore di scoprire quanto orrendo l’umano possa essere, abbiamo messo tra quel periodo ed il nostro tempo sufficiente per riprendere in mano la questione delle questioni: noi stessi, chi vogliamo e possiamo essere, non come singoli – su questo abbiamo ballato sui rispettivi ombelichi anche troppo – ma come umanità.

Non è una partita vinta

L’Europa dice a gran voce che nulla ha senso se la destinazione del nostro andare non è chi noi siamo. Il denaro ritorna ad essere mezzo, il profitto letteralmente utile, ma non esclusivo. Il Pil, in altri termini, è determinante ma per un fine che non sia se stesso. Non è una partita vinta, non è una sfida che si conclude. Essa inizia esattamente oggi ed avrà eroi e sconfitti, detrattori e nostalgici. Ma è una grande sfida a cui democraticamente siamo chiamati tutti. Vorrei citare una grande donna europea, spesso conosciuta più perché la moglie di un grande uomo europeo che per se stessa. Ma essa è e resta non solo la sua ispiratrice ma, soprattutto, una lucida ed illuminata intelligenza nella cultura del secolo scorso in tensione verso il nostro secolo, Raissa Maritain. In Le Prince de ce Monde, ella scrive: «Lucifero ha gettato su di noi la rete invisibile ma forte dell’illusione. Fa amare l’istante contro l’eternità, l’inquietudine contro la verità. Ci persuade che non possiamo amare la creatura che deificandola. Ci addormenta, ci fa sognare (interpreta i nostri sogni) ci fa operare. Allora lo spirito dell’uomo è portato su acque paludose.  […] In verità sembra che tutto gli appartenga, e che sia necessario tutto strappargli. E tuttavia tutto gli è già stato strappato. Il mondo è salvato».

Era il 1932. L’intelligenza artificiale non è il male, non è Satana. Ma senza una direzione umana essa è un potere che fa e farà male, senza che vi sia il senso umano a bilanciare l’ubris che da essa promana i rischi che corriamo sono i medesimi del nucleare e del cambiamento climatico.

L’Europa lo sa, l’Europa lo dice, l’Europa strappa alla macchina un primato che non le conviene, senza distruggerla o umiliarla, semplicemente dandole il posto che merita. A servizio e non in grado di asservire. È una gran bella notizia. È un inizio.

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